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Parole d’ odio in volo

Oggi mi trovavo di ritorno da Treviso, a seguito della partecipazione al Festival Treviso Giallo.
Ancora immersa in questo magnifico spazio culturale in cui abbiamo messo sulla bilancia le parole, le abbiamo vissute, interpretate, allo scopo di sensibilizzarne all’uso consapevole:
perché le parole influenzano la nostra psiche e dunque i nostri comportamenti.
Quando, al contrario, in una routine normalissima condivisa con i miei più stretti familiari, ci siamo recati in aeroporto e lo scenario cambia improvvisamente.
Infatti, imbarcati sul volo, l’ira, la voce gridata, la volgarità di gesti e parole innescano una catena d’odio dinnanzi a tanti volti attoniti, a tanti bambini…
Non mancano le provocazioni, le offese personali, addirittura la sfida pronta a richiamare l’uso della violenza fisica.
Perché? Forse un passeggero, non intenzionalmente, aveva urtato un sacchetto, immagino con qualche dolcetto, di una passeggera che gli si scaglia addosso senza misura.
Chissà se quel dolcetto consumato prima dell’imbarco ne avrebbe addolcito i modi?
E poi il conflitto, come un virus, contagia. Cosicché chi non aveva trovato agevolmente spazio per il proprio bagaglio ( diritto irrinunciabile), inizia ad innervosirsi, monta l’ intolleranza. Sento altri passeggeri lamentarsi…
La violenza chiama la violenza, la gentilezza ne è l’ antidoto. 
Continuo il mio volo con questa certezza.
 
N.R.