E’ il titolo di una meravigliosa canzone di Mogol e Battisti, che ben può intitolare anche queste mie brevi riflessioni.
Da poco tempo ho iniziato ad usare whatsapp e altri moderni sistemi di comunicazione e mi capita spesso di ricevere messaggi sommari, a volte scorretti graficamente, troppo frettolosi.
Come anziana cultrice della lingua italiana, mi sento di poter esprimere il mio disappunto nel vedere qualche volta storpiata una parola, oppure infarcita una frase con espressioni inglesi talora incomprensibili.
So benissimo che la frenesia della vita oggi ci ha portato a comunicare nel modo più sbrigativo possibile, ma abbiamo un patrimonio da salvaguardare, che ci è stato trasmesso: è la nostra capacità di esprimere attraverso la parola le sfumature più delicate del nostro animo, del nostro pensiero. E’ un patrimonio che va rispettato e non irriso, come in certi casi si fa.
E’ vero che una” parolaccia” o un gesto qualche volta possono essere liberatori. Ma, se ci riflettiamo, attraverso una frase un po’ meditata e ben costruita, a volte, si può sciogliere meglio una questione, si può coinvolgere meglio chi ci ascolta e addirittura si possono addolcire le nostre stesse passioni, scoprendo che, mentre la mente medita alla ricerca delle parole, anche il nostro cuore si rasserena…
Una gentile terapia, dunque, verso se stessi e verso chi ci ascolta, un modo per esercitarci a pensare un po’ di più, innalzando la qualità del nostro vivere i rapporti, anche se con ritmi appena più rallentati.
A.M.F.B.