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Postfazione a un libro promozionale per il turismo sul Trasimeno

Il volume “Era una volta…le ricette della memoria” è senza dubbio una preziosa raccolta di memorie e tradizioni, che riscaldano ancora il cuore e ci fanno sentire tutto il profumo e la poesia di luoghi fantastici dal dolcissimo profilo, dall’atmosfera suggestiva, dall’incanto silente, che non tutti possono aver avuto la fortuna di cogliere.

Personalmente, la prima volta in cui sentii parlare del Lago Trasimeno come luogo dell’anima e non come area geografica caratteristica dell’Umbria e dell’Italia centrale, fu quando, iscritta alla Facoltà di Filosofia a Bologna, ebbi l’occasione di frequentare le lezioni del Professor Teodorico Moretti Costanzi (Pozzuolo 1912 – Tuoro 1995).

L’illustre cattedratico doveva divenire la figura più importante del mio corso di studi per ben quattro anni: prima, esame biennale di Storia della filosofia, poi, esame biennale di Filosofia teoretica.

Amavo queste materie, ma, a vent’anni, con tanta voglia di vivere e con la mia provenienza parmigiana, già sensibile alle tradizioni goderecce di quella che andava affermandosi come capitale della gastronomia, c’era di che preoccuparsi un poco.

Invece, l’incontro col Professore fu di quelli che non si dimenticano e mi commuove il fatto che, dopo i tanti dotti commentatori che ne hanno parlato in sedi prestigiose, un’ oscura sua

allieva, ormai anziana prof. in pensione, abbia l’occasione di tratteggiarne un ritratto un po’ fuori dagli schemi.

Fascinosa era la sua figura grave di studioso, incantevole quel tratto aristocratico, quasi ascetico dal grande carisma, ma, soprattutto, accattivante l’eloquio, pacato, pieno di suggestioni, richiami culturali e riferimenti ad esperienze vissute in prima persona. E qui, tra le visite a Martin Heidegger nel suo rifugio della Foresta Nera e i frequenti scambi con filosofi del calibro di Norberto Bobbio, ecco affiorare la descrizione dei luoghi delle sue origini, ecco il suo costante ritornare al Trasimeno, dove l’attendeva ogni fine settimana il Palazzo avito.

Nella sua affabulazione ricca di riferimenti culturali c’era sempre lo spazio per l’attaccamento sentimentale alla lievità dei paesaggi nativi.

L’isola Maggiore, lo specchio vasto e quieto del lago, i canneti, le morbide colline circostanti divenivano veramente luoghi di un’anima eccelsa, che a noi, aspiranti filosofi, facevano intuire i contenuti profondi di anni e anni di meditazione.

Ci introduceva, il Professore, ai temi cristologici, quelli sull’angelicazione della donna attraverso il Cristianesimo, quelli sulla dottrina francescana, con aneddoti sulla storia della sua isola, onorata perfino dallo sbarco del Santo d’Assisi.

Tra una lezione e l’altra lo si vedeva procedere lentamente, affiancato dai suoi Assistenti, lungo i portici di Via Zamboni, alto, ieratico, irraggiungibile. E poi, ancora, nelle aule disadorne, illuminante, davanti a una platea sparuta (gli studenti di filosofia erano pochi, rispetto al nugolo di frequentatori di lettere), che lo seguiva incantata, senza perdere una parola di quel suo sapere, che era ricordo, amore, nobiltà, misura, bellezza…

Anna Maria Ferrari Boccacci
Vicepresidente del Movimento Italiano per la Gentilezza