I racconti del nostro dottore degli alberi

 

 

LA CORTE ARBOREA ROMANA

 

Erano sempre lì, tra il Mare Nostrum e le montagne. Si facevano compagnia, nella loro ecologia, consolidata. Poi, siamo arrivati noi, a sconvolgere le loro comunità. Fosse per la frutta, la legna, le foglie…, abbiamo fatto spazio ed inserito specie nuove, prelevate da lande lontane. Si sono ritrovate insieme le specie autoctone, per molti le legittime padrone di casa, con le alloctone, ovvero venute da ovunque il clima fosse simile. Ed ora, con la temperatura che sale, arrivano anche da climi sub-tropicali. Ognuna cerca una nicchia “socio – ecologica”, ammaliando le signore, con la beltà di foglie, frutti e fiori, o conquistando spazi difficili, ignorati dalle autoctone, diciamolo, un po’ snob. Se non arrivassero più nuove specie, è verosimile che, l’insieme evolverebbe in una comunità stabile. Ma ci siamo noi, che modifichiamo l’ambiente, senza tregua. Se ci fosse un chi, che potesse guardare il mondo da lontano, con una prospettiva temporale diversa, vedrebbe un gran ribollire di trasformazioni e si chiederebbe: Cosa vuole fare la “Scimmia Nuda”, divenuta “Sapiens”? Per ora, sta solo guastando. Nel frattempo, gli alberi, pazienti per natura, sviluppano, ognuno, una strategia.

Mi sono divertito ad immaginare le personalità ed i ruoli di alcune, nella possibile Corte Arborea.

 

LE SPECIE ED I LORO TITOLI IN ORDINE GERARCHICO

 

PINO DOMESTICO: I RE

Erano tutti Re “ombrellosi” e protettivi, ma, ora, in molti, sono nudi. Con i cambiamenti climatici ed i famelici profittatori della loro debolezza e linfa, sono andati in crisi. Molti sono spelacchiati e tristi, verosimilmente, esasperati dal ronzio delle motoseghe che si vanno avvicinando. Altri, dove l’ambiente è stato più generoso, o forse dove hanno trovato una comunità di simbionti solidali, li vediamo verdeggiare. Segno che la nuova comunità ecologica si può riconfigurare.

 

PINO D’ALEPPO: I PRINCIPI D’ORIENTE

Pur sempre titolati, ma particolari. Hanno la forza di chi viene dal caldo. Sono, forse, stati tra Re Magi della Bibbia degli Alberi. Portano in dono, sia la loro resistenza, sia la loro frugale umiltà. Infatti, nei vivai e negli impianti, sono, spesso, stati quello sbagliato. Ma non si sono depressi. La marginalità l’ha, invece, rinforzati. Si sono fatti le ossa vicino ai deserti, ed ora, con l’incremento termico, si prendono delle soddisfazioni. Svettano, senz’ombra di seccume e la Cocciniglia, con loro, non ce la fa. Così, forse, danno una mano al Re, il bello di famiglia, in crisi esistenziale.

 

 

PINO MARITTIMO: I PRINCIPI D’OCCIDENTE

Aristocratici, certo, ma poco presenti, nei boschi, come nel gran teatro dei giardini. Troppo particolari per dominare il paesaggio. Con quella chioma sbieca, che si raddrizza crescendo, sembra abbiano un basco calato di lato. Come certi intellettuali della Gauche francese. Ma loro se ne fregano. Ospiti, qui e lì, svettano, verdissimi. Anche loro hanno fatto la gavetta del semenzale sbagliato. Ma, così, si sono dati la forza di sopravvivere. Ed anche loro, con quel costante inchino, danno una mano al Re.

 

CEDRI: I DUCHI E LE DUCHESSE

Lui l’“Atlantico”, lei la “Deodara”. Sono i Duchi e le Duchesse della corte arborea. Portano un largo cappello ed una lunga veste. Lui, di gran classe, in verde scuro, come si conviene. Lei, vistosa, bluastra, di origini incerte, accettata, nella Corte, solo grazie al Duca. Ama, farsi vedere, vanitosa, con quell’abito che arriva fino a terra. Quindi, esotici, ma, ormai, non più tanto, dopo dei secoli nelle corti verdi.

 

PLATANI: I CONTI

I nostri Conti, molto rotondi. Messi a Roma quando si voleva imitare Parigi, forse per volontà d’un Conte umano, stanno ancora lì. Era, lui, un Liberale, e, nell’ampiezza delle sue vedute, non ebbe tema, di scegliere un ibrido est /ovest, per dare status ai viali della Capitale.  Loro, della natura d’ibrido non hanno mai fatto un problema.

Anzi, ci danno una mano a capire che la Pace si ottiene solo accettando l’altro, d’ogni altra parte sia. Quella natura, peraltro, gl’ha dato una gran’ forza. Li segano e li ri-segano, ma loro, ogni volta, ri-chiomano. Quale che sia la profondità del capitozzo richiesto, della rivalsa esistenziale esercitata, loro ri-chiomano.

Ma, la tensione d’identità li porta, a volte, ad avere comportamenti anarcoidi.

Ricacciano virgulti vigorosi, e non disdegnano di mescolarsi al Popolo delle scarpate. E, selvaggiamente, n’emergono, felici.

  

OLMI: I COMMENDATORI

Per lo più, molto seriosi. Con l’aspetto fuori moda, ma sempre dignitosi, danno lustro a molti grandi viali. Per forma ed epoca d’impianto, ci ricordano gli alti funzionari del Regno.

Per l’invidia, un fungo glie l’aveva giurata, ma, con qualche prova di varianti, ci si sono adattati.

Forse, per questo, hanno, anche, imparato a convivere con la plebaglia delle infestanti alloctone. Spesso, infatti, superano i rigidi paesaggi istituzionali e se ne vanno, pure loro, nelle fratte. Secondo me, hanno qualcosa di radicale e d’intimo, con le frivole Robinie, le americane.

 

BAGOLARI: I BARONI

Ancora poco diffusi a Roma, quindi, giovani, ma ambiziosi. La specie è, comunque, autoctona. Puntano, quindi, in alto, nella nobiltà del paesaggio.

In altre foreste urbane, creano viali maestosi. Ma da noi, sono ancora piccoli ed hanno avuto solo il Baronato.

Ma, nel frattempo, però, anche loro, si danno da fare tra la plebaglia delle scarpate. Secondo me fanno un po’ di “simbiosi”, ma con le Acacie, le australiane.

ALLORI: I NOBIL-PLANTA

Eccoli, sono i “furbetti” del paesaggio. Per lo più degli arbustoni, ma si sono fatti strada. E tanto hanno insistito, con la storia dell’origine locale, che si sono fatti dare un titolo. Ma, dobbiamo ammetterlo, a ragione.

Che sia la città, il bosco, la fattoria, il giardino, o la scarpata, loro ci sono. Abbiamo portato insetti e patogeni da ogni dove e loro ci convivono. Abbiamo portato alieni botanici che soffocano chiunque gli sia accanto, e loro se ne infischiano. Li tagli e ricacciano, non li tagli e verdeggiano.

E’ vero, vanno su, quasi sempre, sbilenchi, ma pretendono, comunque il titolo. Sanno, peraltro, che non glie lo possiamo negare. Sono, infatti, molto spesso, i custodi della nostra “privacy”. Dietro le grandi siepi nascondono ogni nostro appuntamento. Per tenerceli buoni, gli abbiamo dovuto intitolare la fascia climatica in cui viviamo. Il Lauretum.   

 

CIPRESSI: I COLONNELLI

Eccoli, nella loro forma “stricta”, a dare ordine al paesaggio. Anche loro, dall’Oriente, hanno conquistato poeti e progettisti. Quindi, ogni giardino e villa. Obbedienti, come veri soldati. Autoctoni ed esotici dei boschi li soffocano. Ma noi li mettiamo lungo strade e sentieri e come colonne ai portali dei nostri, piccoli e grandi, regni. Tanto più svettano, tanto meno patetiche sono le nostre corti.

Hanno avuto dei nemici ecologici, ma sono sopravvissuti. Ed eccoli ora, di nuovo in fila, alti e schietti. Ma, non sempre.

Nonostante il Grado, alcuni, infatti, si “expandono”, si mettono la gonna. Ma la Corte Arborea è aperta ad ogni proposta esistenziale. Quindi, se i primi concorrono, tenaci, al tetto dei parchi, i secondi s’allargano, accoglienti. Non a caso, un tempo, i rurali, li chiamavano, con affetto, “femmina”.

 

ROBINIE: LE BALLERINE DI CORTE

Sono d’origine nord americana e, forse, per questo, si sono fatte accettare. Hanno colonizzato ogni scarpata, ma noto che, da tempo, convivono più tranquille con autoctoni, altrettanto tenaci. Frullano, un poco, con piccole foglie e grappoli di fiori bianchi, ma donano una bell’ombra leggera.

Si fanno perdonare d’esserci, anche con l’ottimo miele ed i fiori, da fare fritti.

 

AILANTI: LA PLEBE

Poverini, sono visti, dai più, come la “feccia”, della foresta urbana. Specie, infatti, decisamente alloctona. Furono importati per prove di bruco da seta, ma, dagli arboreti sono scappati. E nessuno l’ha più fermati. Nessuno l’ha piantati, ma loro, ovunque, si sono distribuiti. Senza bio-nemici, con i loro piccoli semi alati, conquistano ogni frattura del tessuto urbano ed ogni fratta abbandonata.

A volte, alla faccia di chi li vorrebbe controllare, riescono anche a svettare, creando, comunque, belle chiome, che nulla hanno di meno di certi titolati della foresta urbana. Ma si dice, però, che puzzino. Loro la prendono con filosofia. Ignorando le cattiverie, iniziano, anche, ad integrarsi nella Corte Arborea, ormai globale.

 

 

 

MA, ANCHE IN QUESTA CORTE ABBIAMO UNA GERARCHIA ECCLESIALE.

 

QUERCIE: LE PAPESSE

Verosimilmente le Q. Petraea. Durano decenni, se non secoli, sempre più imponenti e tonde, pontificano in tutta l’Eurasia. Appaiono, di rado in città, ma quando ci sono, fanno le maestose. Si edificano piano, piano, ma non si fermano mai. Ci ricordano, quindi, l’importanza della lentezza per essere meno attaccabili, loro, dalle carie del legno, noi, da quelle dell’anima.

 

OLIVI: I CARDINALI

Se li lasci crescere vengono su grandi e panciuti. Ma, se li tagli ti regalano ancor’ più olive.

Se ne stanno lì, tranquilli e solidi al sole e creano paesaggio.

Vengono, anche loro, da Oriente e, sicuramente, sono stati Re Magi della storia arborea.

Ma, data la bellezza, la dignità e la poca invadenza, non hanno mai ricevuto accuse di “alloctismo”.

 

LECCI: I MONSIGNORI

Con le tonache compatte e scure, sono dei veri autoctoni. Ma non se ne vantano. Da bravi ecclesiali di base, se ne stanno lì, ombrosi, nei boschi, nei parchi, nelle piazze e nei viali. Umili, ma sereni, rimangono, spesso, al di sotto dei compagni di paesaggio più esibizionisti. Vedendoli con le branche compatte e le foglie scure, fanno riflettere anche noi sull’esagerato luccichio della vita moderna.

Data la nobiltà del Genere Quercus cui appartengono, non hanno bisogno di strafare. Quindi, non frullano, come certi “popolari”, un poco “tremuli”.

Ci ricordano, però, quanta cuticola bisogna produrre ed indossare per sopravvivere al caldo del Mediterraneo, senza aria condizionata o ventilatori. 

 

CONCLUSIONI

Gli alberi vivono con noi, fin dai tempi della clava. Noi l’abbiamo portati nelle nostre città. Sono diventati la Corte Arborea. Anche questa è una forma di simbiosi. Sapremo condurla a buon fine? 

 

18-4-2024; 26-9-2024

 

Dr. For. Franco Paolinelli