Il bullismo non è solo un “gioco crudele” tra ragazzi. È un linguaggio che ferisce, un comportamento che annienta, una violenza che si insinua nelle pieghe della quotidianità fino a minare l’equilibrio emotivo e psicologico degli esseri umani. Non risparmia nessuno: colpisce i giovani, ma arriva a segnare anche adulti e anziani.
I dati ci parlano con drammatica chiarezza: il fenomeno del suicidio tra i giovani continua a crescere. Solo la scorsa settimana abbiamo pianto l’ennesima vita spezzata. Dietro queste tragedie non ci sono soltanto statistiche: ci sono volti, storie, sogni che non hanno avuto il tempo di fiorire.
Il problema è culturale e sociale. Non vi è abbastanza cura, educazione, gentilezza e rispetto né all’interno delle famiglie, né nelle scuole, i primi luoghi che dovrebbero essere presidio di protezione e di crescita. Troppo spesso, invece, diventano terreno fertile per indifferenza, giudizio e sopraffazione.
Il Movimento Italiano per la Gentilezza denuncia con forza questa deriva e ribadisce che solo una rivoluzione culturale basata sul rispetto reciproco, sull’ascolto e sulla gentilezza può invertire questa rotta. Ogni parola ha un peso. Ogni gesto, anche minimo, può salvare una vita o distruggerla.
La lotta al bullismo non si vince con il silenzio o con la rassegnazione. Si vince educando alla gentilezza, coltivando il rispetto, insegnando ai nostri figli e a noi stessi che la vera forza non è schiacciare l’altro, ma tendergli la mano.
Questa riflessione si accompagna all’augurio che l’anno scolastico appena iniziato possa essere davvero migliore: più accogliente, più rispettoso, più attento a chi soffre e più capace di educare alla gentilezza.
Non possiamo permetterci altre vite spezzate.
Non possiamo permetterci di essere spettatori.