Una delle più antiche storie di gentilezza che io conosca è legata al senso di ospitalità e al cibo.
Si, perché dare da mangiare a chi ne mostri il bisogno è la forma più elementare per mostrare la nostra disponibilità verso il prossimo. Ed è tanto vero che, col passar dei secoli, è divenuta una consuetudine in tutte le civiltà offrire qualcosa da gustare a chi, per qualunque motivo, entra in casa nostra. E di solito ci si scusa umilmente di non aver nulla da far assaggiare. Così come rifiutare ciò che ci viene proposto da un nostro ospite è qualche volta segno di ritrosia o sgarbo.
Sono le regole del galateo, ma la loro matrice è quella di un primigenio bisogno di mettersi a disposizione di chi si avvicina a noi con atteggiamento di pace.
Il cibo, dunque, diviene comunicazione di empatia, di condivisione. Il cibo è gentilezza. Preparare e apparecchiare per un pasto è segno primario di amore e simpatia. Si pensi alle mamme che allattano, alle spose che quotidianamente ammanniscono i cibi per la famiglia, o all’amico, abile in cucina, che s’impegna per intrattenere una schiera di compagnoni.
I secoli sono pieni di esempi, ma la storia più antica, cui mi riferivo, è quella di Filemone e Bauci, una favola tenerissima, piena di gentilezza, tratta dalle Metamorfosi di Ovidio.
Filemone e Bauci erano marito e moglie ormai molto anziani. Vivevano poveramente nella regione della Frigia. Curavano un orticello e un pollaio ormai sguarnito, la loro casa era poco più di una capanna.
Un giorno arrivarono da loro due viandanti, sotto le cui spoglie si nascondevano niente meno che Giove e Mercurio. I due sposi, sorpresi per quell’improvvisa apparizione, si guardarono negli occhi e immediatamente si impegnarono per ospitarli: andarono a prelevare il capo più bello del pollaio, lo cucinarono come meglio sapevano e lo offrirono ai due ospiti, poi gli cedettero il loro letto e andarono a riposare sulla paglia della stalletta.
All’indomani i due pellegrini erano già pronti per andarsene e, salutando i vecchi sposi, chiesero loro che cosa desiderassero di più. “Vorremmo non doverci separare mai” fu la risposta di Filemone.
Beh, la grande disponibilità verso gli illustri ospiti fu ripagata: entro poco tempo Filemone e Bauci spirarono serenamente e insieme, mentre riposavano davanti alla loro casetta. Sui loro corpi crebbero rigogliosi una vigorosa quercia e un profumato tiglio, che per secoli intrecciarono strettamente i loro rami.
…. A dimostrare che il cibo può diventare veicolo di gentilezza a doppio senso, come, del resto, quasi sempre succede.
Anna Maria Ferrari Boccacci